TRENTINO – UNA STORIA DEPOSITATA NELLE ROCCE
LE ALPI E LE STESSE DOLOMITI SONO IL RISULTATO DI UNA STRAORDINARIA STORIA GEOLOGICA, PASSATA ATTRAVERSA PROFONDI MARI TROPICALI, GIGANTESCHE CALDERE VULCANICHE E LE ENERGIE SPRIGIONATE DALL’OROGENESI, INDAGATA E COMPRESA NEL 1800 DAI PIU’ GRANDI GEOLOGI GRAZIE ALLA FREQUENTAZIONE DELLE NOSTRE MONTAGNE
Ma ai margini delle grandi catene montuose, gli affioramenti di vene di minerali prodotti da queste lente mutazioni sono stati individuati, scavati e sfruttati fino dalla preistoria. Al Passo del Redebùs, tra la Val dei Mocheni e l’Altopiano di Pinè, gli archeologi hanno riportato alla luce una delle più importanti fonderie preistoriche dell’arco alpino. Già più di 3000 anni fa, in nove forni fusori qui si fondeva la calcopirite, minerale abbondante in tutta la zona, per ricavarne il prezioso rame. In molte zone del Trentino le pietre e le rocce custodiscono segreti e hanno storie da raccontare: di uomini e di donne, di minatori che le hanno scavate arrivando da oltre le Alpi sull’onda di un grande sogno e scrivendo di fatto la storia di molte comunità.
LE CANOPE DEL MONTE ARGENTARIO
La ricchezza geologica dell’Altipiano del Calisio – Argentario, era conosciuta fin dall’antichità dai suoi abitanti e dai signori della vicina Trento. Da qui proveniva, ad esempio, il Rosso Ammonitico, la pietra rossa utilizzata per costruire la città di Trento fin dall’età romana, come testimonia il tratto di “Decumano” osservabile nello Spazio archeologico sotterraneo del Sas sotto Piazza Cesare Battisti. E quel nome “Mons Argentarius” dato al Monte Calisio, è legato ai giacimenti di Galena argentifera scavati fin dal Medioevo dai minatori di origine germanica, i canòpi (dal tedesco Knappen), che estraevano il prezioso metallo per conto del Principe Vescovo. Con l’argento del Calisio si coniavano i “grossi”, le monete della zecca di Trento. Non è un caso se, proprio a Trento, nel XIII secolo viene scritto il più antico statuto minerario europeo, il Liber de Postis Montis Arzentarie contenuto nel Codex Wangianu, dal Principe Vescovo Federico Vanga per disciplinare l’attività mineraria che convogliava su Trento migliaia di minatori.
Le tracce archeologiche di questa industria estrattiva sono impressionanti e costituiscono un unicum a livello europeo: decine di migliaia di pozzi verticali (i “cadìni”) e chilometri di labirintici cunicoli scavati a mano (le “canope”) attraversano l’Altopiano del Calisio all’epoca trasformato in una landa lunare e, una volta esaurito il minerale argentifero, velocemente ricolonizzato dalla natura. Oggi ricade dentro l’Ecomuseo dell’Argentario e in alcune delle canope meglio conservate, una decina in tutto, vengono organizzate delle visite guidate, ad esempio alla Canopa delle acque, dove si tocca con mano la difficoltà del lavoro estrattivo, interamente manuale, in stretti cunicoli, alla luce di piccole lucerne. Il Sentiero delle Canope è un bell’itinerario ad anello che si percorre in circa 2 ore partendo dal Laghetto di Santa Colomba e che consente di osservare alcune piccole canope, scorci paesaggistici come il Dos dei Brusadi, soffermandosi davanti ai pannelli illustrativi che raccontano la geologia, la storia e la vita dei canòpi,
LE MINIERE DI DARZO – VALLE DEL CHIESE
Il paese di Darzo e altri borghi della Valle del Chiese nelle Giudicarie sono stati protagonisti del passaggio da una civiltà contadina a una di tipo industriale grazie allo sviluppo delle miniere di barite alla fine del 19° secolo. Una trasformazione epocale segnata da due date simbolo: il 1894, con la scoperta e l’apertura delle prime miniere, il 2009, data della definitiva chiusura dei cunicoli della ultima miniera attiva a Marìgole. Più di un secolo di storia che ha unito le fortune e le vicende di diversi paesi, di centinaia di famiglie e più generazioni di lavoratori e lavoratrici del solfato di bario o barite, “l’oro bianco” di Darzo, utilizzata in diverse lavorazioni: tra queste, per l’opacità ai raggi X, l’utilizzo nel realizzare le pareti di protezione dalle radiazioni nelle sale radiologiche degli ospedali. Oggi tutto questo rivive attraverso visite guidate, esperienze didattiche ed eventi culturali proposti nel villaggio minerario di Marigole, a 1000 metri di quota tra i boschi sopra Darzo. Nel corso della visita guidata si scoprono i luoghi di estrazione, della finitura e del trasporto della barite a Darzo per la macinatura. Il panorama sulla Valle del Chiese e il Lago d’Idro aggiunge fascino a questo luogo che si raggiunge a piedi, in bici o in auto dal fondovalle. Chi sale a piedi può percorrere con 1 ora e 40’ di cammino il Sentiero dei Minatori; in bici da Darzo, lungo la strada forestale Marigole – Malghe in circa 30’ e in auto dalla loc. Ca’ Rossa sul fondovalle. Informazioni: https://www.minieredarzo.it/
PARCO MINERARIO DEL LAGORAI
Il Parco Miniere Lagorai si sviluppa nel territorio dell’Alta Valsugana su un’area molto vasta alle propaggini occidentali del Gruppo montuoso Lagorai-Cima d’Asta. Una zona dove numerosi geositi offrono ottime chiavi di lettura dei fenomeni che sono impressi nelle rocce e nelle forme del territorio. Una storia geologica che ha lasciato, nascoste tra gli strati di rocce, importanti risorse minerali pazientemente scavate dall’uomo per secoli fin dal medioevo. Un’epopea giunta in alcuni casi fino agli anni ’60 la cui memoria è ora affidata agli otto siti museali, altrettante porte di accesso del Parco. In ognuno si può intraprendere un viaggio nel tempo tra percorsi tematici per grandi e piccini, laboratori, ricostruzioni storiche, spettacoli, passeggiate dentro e fuori la superficie della terra, dal buio alla luce, tra le bellezze del territorio, alla scoperta di cadini e canope, antiche cave inseguendo nelle rocce le vene di minerali. Informazioni: www.parcominierelagorai.it
LA MINIERA DELL’ERDEMOLO – VALLE DEI MOCHENI
De Gruab va Hardimbl, la miniera (Grua, nella lingua mochena) dell’Erdemolo (Hardimbl, invece, è il nome del laghetto alpino da cui nasce la Fersina), si trova in Alta Valle dei Mocheni, a poca distanza dal sentiero diretto al Lago di Erdemolo nelle cui acque si specchiano le cime del Gruppo del Lagorai. Con una visita guidata è possibile approfondire la vita e il duro lavoro all’interno della miniera, coltivata tra il 1400 e il 1600 dai minatori di origine tedesca arrivati qui quando vennero avviate le prime attività estrattive. Nel corso della visita si possono scoprire le tecniche, gli strumenti utilizzati e i principali minerali che venivano scavati. Ci si trova in un ambiente davvero particolare che stimola tutti i sensi, tra i colori delle diverse venature affioranti dalla roccia e il rumore del gocciolio dell’acqua che proviene da una parte ora sommersa della miniera. Tra maggio e ottobre si può esplorare grazie a visite guidate – 12 persone alla volta – muniti di caschetto e impermeabile forniti all’ingresso ai visitatori. Si raggiunge a piedi in circa mezz’ora dal parcheggio in loc. Fròtten, oppure partendo dal Museo delle miniere di Palù S Perkmandlhaus lungo un facile sentiero e rientro su comoda strada asfaltata (2 h – 4,5 km). Per informazioni: https://www.valledeimocheni.it/scopri-la-valle/musei/miniera-erdemolo/