NAPOLI OTTOCENTO – SCUDERIE DEL QUIRINALE
Napoli Ottocento. Degas, Fortuny, Gemito, Mancini, Morelli, Palizzi, Sargent, Turner
La mostra racconta molto di Napoli ma con qualche suggestione in più. Proprio per questo abbiamo chiesto a Emanuele Bosso, divulgatore, content creator e amico delle Scuderie, di introdurci nella sua Napoli.
“Ogni volta che devo raccontare la città di Napoli, non so mai bene da dove cominciare. All’inizio mi tengo a distanza dallo scrivere, costringo le mani a restare ferme, come se qualche giorno prima dovessi soltanto stare in quel pensiero, prenderne le misure, capire la direzione, il punto di partenza e quello di arrivo. Poi, a un certo punto, mi chiudo in camera, apro il computer e avvio il programma di scrittura. Credevo di essere pronto, di aver schiarito le idee, ma quando mi ritrovo davanti alla pagina bianca che mi fissa di rimando, capisco di avere la mente ancora ingolfata dai vari aspetti che potrei descrivere. Allora provo a reagire, cambio strategia: prendo un taccuino, esco all’aria aperta e mi siedo a un tavolino di uno dei tanti bar del centro storico. Anche lì, immerso nel luogo di cui dovrei scrivere, non succede niente, il risultato non cambia, il dilemma è sempre lo stesso: come posso davvero afferrare questa città – dove sono nato e vivo ancora oggi – e raccontarla senza tralasciare niente? Scegliere un filtro o uno sguardo particolare è molto difficile, sembra di fare un torto a tutte le altre parti che richiedono e meriterebbero la stessa attenzione.
Ancora una volta – un po’ per mia volontà, un po’ perché il luogo di destinazione lo richiede – sono i libri a salvarmi dall’impaccio, a riportarmi alla radice di tutte le cose. E per cominciare, per condurvi a Napoli a modo mio, devo proprio arrivare al principio: l’etimologia del nome. Napoli deriva dal termine greco Neapolis che significa “città nuova”. Mi piace pensare che la lettera s – che non compare più da moltissimo tempo alla fine della parola – non sia andata perduta e che, nel corso dei secoli, si sia trasformata in qualcos’altro che ci permette ancora di narrarla: le strade e le storie.
Per quanto riguarda le strade – soprattutto a quelli che non leggono o che non riescono ad affidarsi completamente all’immaginazione scaturita dalla lettura – non posso fare altro che suggerire un viaggio a Napoli, per visitare i tantissimi luoghi culturali e perdersi nei vicoli del centro storico. Per le storie, invece, voglio consigliarvi alcuni libri che hanno la stessa capacità di portarvi tra le strade o dentro i fatti antichi che animano la città. Anche in questo caso la scelta non è stata affatto facile. Napoli è da sempre – ma in particolar modo negli ultimi anni – il centro di qualsiasi tipo di narrazione: libri, film, canzoni e opere d’arte di maggior successo hanno come comune denominatore il racconto di Napoli in tutte le sue sfumature. È come se la città fosse diventata un grande contenitore di vicende, reali o di fantasia, dal quale attingere ogni volta che si avverte la necessità di raccontare le complessità del genere umano.
Se si vuole incontrare un pezzo importante di Napoli bisogna leggere Anna Maria Ortese. Il mare non bagna Napoli (Adelphi) è molto probabilmente il suo libro più famoso, ma io vorrei porre l’attenzione su Il Monaciello di Napoli (Adelphi) che, insieme ai testi di Matilde Serao, ci restituisce una visione completa delle antiche credenze napoletane. Napoli è forse tra i pochi luoghi d’Italia ad andare verso il futuro portandosi dietro la sua immensa tradizione popolare. Nell’epoca in cui è possibile immortale qualsiasi cosa con un semplice cellulare, nell’immaginario collettivo le storie di fantasmi resistono ancora anche di fronte all’assenza di prove. È il caso del monaciello raccontato da Anna Maria Ortese, uno spirito leggendario del folclore napoletano di natura sia benevola che dispettosa, rappresentato come un ragazzino deforme o una persona di bassa statura, abbigliato con un saio e fibbie argentate sulle scarpe. Le abitazioni di Napoli, un tempo, attingevano acqua dalla cisterna sottostante tramite un pozzo a cui aveva accesso il pozzaro, che si aggirava nei cunicoli (ecco perché la piccola statura) e si arrampicava su per i pozzi, da cui aveva accesso a tutte le case. Da questo mestiere nasce la leggenda del monaciello e le sue manifestazioni sarebbero numerose: di simpatia, quando lascia monete e soldi nascosti; o di dispetto, quando occulta, rompe oggetti o soffia nelle orecchie di chi dorme.
L’altro libro per me imprescindibile è L’amica geniale di Elena Ferrante (Edizioni E/0), perché offre una rappresentazione profonda e complessa della città e delle sue dinamiche sociali, culturali e storiche. La storia di Lila e Lenù, con una prospettiva che intreccia amicizia, rivalità e lotta di classe, getta luce su aspetti come la vita nei quartieri popolari e la voglia di emergere nonostante le difficoltà legate al territorio. Il successo internazionale del libro ha contribuito ad attirare turisti appassionati e desiderosi di esplorare i luoghi descritti nei libri.
Avrei potuto scegliere tanti altri romanzi per raccontare Napoli in forme sempre diverse: penso ai gialli di Maurizio De Giovanni, a Uvaspina di Monica Acito o ancora a Napoli mon amour di Alessio Forgione. Chi vuole comprendere appieno la città di Napoli, deve conoscere i personaggi che l’hanno abitata e le leggende che ne alimentano ancora l’immaginario perché le strade e le storie di questa città si intrecciano di continuo e a volte, nelle narrazioni più straordinarie, sono la stessa cosa” – Emanuele Bosso
Mostra, come sempre, vi aspettiamo tutti i giorni dalle 10:00 alle 20:00.
19/05/2024 09:12:24 Nota stampa “Scuderie del Quirinale”