Tintoretto al Palazzo Ducale di Venezia: si festeggiano i 500 anni dalla nascita - Natoconlavaligia

Ultimo aggiornamento 21/01/2019
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Arte & Cultura articoli

Progetto Tintoretto 500 - "Mai sono stato così totalmente schiacciato a terra dinanzi a un intelletto umano, quanto oggi davanti  a  Tintoretto”  scriveva  Ruskin  al  padre,  dopo  aver  visitato  la  Scuola  Grande  di  San Rocco - Dal 7.9.2018 al 06.01.2019 Palazzo Ducale di Venezia.




Quanto alla pittura - continuava il critico ottocentesco - penso di non aver saputo che cosa significasse fino a oggi...quello [Tintoretto] ti delinea la tua [sic]

figura con dieci tratti e la colora con altrettanti. Non credo che gli servissero più di dieci minuti per inventare e dipingere una figura intera. Prende il via e accumula schiere su schiere, moltitudini che nessuno riesce a contare – senza mai fermarsi, senza mai ripetersi – nuvole e vortici e fuoco e infinità di terra e
mare, per lui niente fa differenza”.
Il più veneziano tra gli artisti del Rinascimento, colui che più ha “segnato” Venezia con il marchio inconfondibile del suo genio - chiamato da dogi e notabili ad abbellire palazzi e chiese della città - è stato in effetti capace di stupire e impressionare intere generazioni di amanti dell’arte.
Ha  stupito  i  suoi  contemporanei,  impressionato  El  Greco,  Rubens  e  Velasquez,  anticipato per molti versi la sensibilità di artisti contemporanei e ora, a 500 anni dalla nascita, torna ad affascinare il pubblico in occasione delle celebrazioni che tutta Venezia gli dedica, a partire dal prossimo settembre.
Punto  focale  è  l’imponente  progetto  espositivo  che  fin  dal  2015  la  Fondazione  Musei  Civici di Venezia ha sviluppato con la National Gallery of Art di Washington e che ha trovato la piena collaborazione delle Gallerie dell’Accademia di Venezia. Il risultato, a 80 anni dall’ultima mostra a lui dedicata in città, è una straordinaria monografica sull’artista a Palazzo Ducale, dal 7 settembre 2018 al 6 gennaio 2019 (TINTORETTO 1519 - 1594) centrata sul periodo più fecondo della sua arte –
dalla piena affermazione, verso metà degli anni Quaranta del Cinquecento, fino agli ultimi lavori – e  in  contemporanea  una  grande  mostra  alle  Gallerie  dell’Accademia  di  Venezia  (IL  GIOVANE TINTORETTO) dedicata ai capolavori del primo decennio di attività e al contesto fecondo in cui egli avviò il suo percorso artistico. Dal 10 marzo 2019 sarà poi il museo di Washington a proporre, per  la  prima  volta  negli  Stati  Uniti  la  figura  e  l’arte  di  Tintoretto  nella  sua  complessit
à,  in  un percorso d’eccellenza che prende le mosse dal nucleo espositivo di Palazzo Ducale.
Ma  sono  tante  le  Istituzioni  prestigiose  che  in  laguna,  in  questo  anno  speciale,  celebrano Jacopo  Robusti  con  originali  iniziative  espositive,  editoriali  e convegnistiche,  in  uno  spirito corale  e  di  rete  propugnato  e  sostenuto  dal  Sindaco  di  Venezia,  Luigi  Brugnaro.  Tra  queste, in  particolare,  la  Scuola  Grande  di  San  Rocco,  uno  dei  siti  cardine  dell’attività  del  Maestro, custode di cicli pittorici imponenti, e la Curia Patriarcale, con le molte chiese che ancora oggi conservano preziose opere di Tintoretto. Fondamentale è stato poi il supporto di Save Venice Inc.  ,  che  in  questi  due  anni  ha  sostenuto  l’esame  scientifico  e  il  restauro  di  tanti  capolavori dell’artista  presenti  a  Venezia  (ben  18  dipinti  e  la  tomba  del  Maestro),  consentendo  ora  al pubblico  di  ammirarli  nel  loro  splendore,  all’interno  delle  mostre  o  nel  percorso  cittadino appositamente predisposto dalla Fondazione Musei Civici di Venezia in la collaborazione con la Curia Patriarcale.

Palazzo Ducale
Nelle magnifiche sale dell’Appartamento del Doge a Palazzo Ducale - il luogo che maggiormente testimonia  il  successo  e  il  predominio  raggiunti  da  Jacopo sulla  scena  artistica  veneziana del  XVI  secolo,  che  pure  annoverava  giganti  e  concorrenti  (!)  come  Tiziano  e  Veronese  – Tintoretto   torna protagonista   di   un   grande   progetto   espositivo,   voluto   fortemente dalla  Fondazione  Musei  Civici  di  Venezia  e  dalla  sua  direttrice  Gabriella  Belli,  promosso congiuntamente  con  la  National  Gallery  of  Art  di  Washington,  con  la  collaborazione  delle Gallerie  dell’Accademia  di  Venezia,  il  contributo  di  Save  Venice  Inc.  e  il  sostegno  di  Louis Vuitton.

A curare  la  mostra  di  Palazzo  Ducale così  come  quella di  Washington ,  sono  gli  studiosi americani,  grandi  conoscitori  di  Tintoretto, Robert  Echols e Frederick  Ilchman,  che  da  anni hanno concentrato le loro ricerche sulla definizione del catalogo complessivo dell’opera di Jacopo. A loro fianco, in questa occasione, un
prestigioso comitato consultivo internazionale e  numerosi  esperti  dell’arte  rinascimentale  veneziana ,  che  hanno  contribuito  con  saggi puntuali  al catalogo  delle  due  mostre,  edito  da  Marsilio :  Stefania  Mason,  Roland  Krischel, Susannah  Rutherglen,  Mattia  Biffis,  Peter  Humfrey,  Lorenzo  Buonanno,  Michiaki  Koshikawa,
Miguel Falomir, Maria Agnese Chiari Moretto e Giorgio Tagliaferro.
Proprio  i  più  recenti  studi  e  gli  illuminanti  interventi  conservativi  degli  ultimi  due  decenni hanno del resto consentito un’analisi rigorosa dei dipinti e della loro cronologia: tra questi in particolare gli interventi di Save Venice Inc.
che hanno permesso anche l’esame scientifico e il restauro di alcune opere del Museo Correre delle straordinarie tele dell’ Anticollegio, dell’Atrio Quadrato
e della Sala degli Inquisitori di Palazzo Ducale, da ammirare finalmente nella loro compiuta forza espressiva.
Con 50 dipinti e 20 disegni autografi di Tintoretto, prestati dai grandi musei internazionali, unitamente  ai famosi  cicli  realizzati  per  il  palazzo  dogale tra  il  1564  e  il  1592  - visibili nell’originaria  collocazione -  l’esposizione  permetterà  dunque  di  riscoprire  pienamente la pittura  visionaria,  audace  e  per  nulla  convenzionale  di  Jacopo  Robusti  che,  figlio  di  un tintore, “come un granello di pepe capace di sopraffare dieci mazzi di papaveri” a sentire l’amico commediografo Andrea Calmo,
seppe sfidare la tradizione consolidata incarnata da Tiziano, sbalordendo e scegliendo di innovare: non solo con ardite soluzioni tecniche e stilistiche, ma
anche con sperimentazioni iconografiche che segnarono un punto di svolta nella storia della pittura veneziana del Cinquecento.
Straordinario  narratore,  abile  regista  di  azioni  dipinte,  colorista  sofisticato -  lui  che  usava l’intera  gamma  dei  pigmenti  disponibili  nella  Venezia  del  tempo  –  Tintoretto  si  rivela  ai nostri  occhi affascinante  interprete  in  tutti  i  diversi  generi  affrontati ,  da  quelli  religiosi,  ai grandi dipinti di storia, dalla ritrattistica ai temi profani e mitologici, di cui la mostra propone illuminanti  esempi  grazie  ai  prestiti  da  importanti  musei  di  tutto  il  mondo  e  da  alcune prestigiose  collezioni  private
:  dai  musei  di Londra –  come  la  National  Gallery  da  cui  arriva anche L’origine  della  Via  Lattea (1575),  la  Royal  Collection,  il  Victoria  and  Albert  Museum,  la
Courtauld Gallery – ma anche da Parigi, Gent, Lione, Dresda, Otterlo, Praga, Rotterdam.
Dal Prado  di  Madrid giungono  a  Venezia  cinque  opere  straordinarie,  comprese Giuseppe  e  la moglie di Putifarre (1555 circa), Giuditta e Oloferne (1552-1555) e
Il ratto di Elena (1578) di oltre tre metri di lunghezza, realizzato per la corte dei Gonzaga, di cui ora si apprezza l’estrema qualità.
Susanna e i vecchioni del 1577, tra i più celebri capolavori di Jacopo, giunge dal Kunsthistorisches Museum  di  Vienna e,  grazie  agli Staatliche  Museen  di  Berlino
,  si  vedrà  in  mostra  la  nobiltdello  sguardo  del Ritratto  di  Giovanni  Mocenigo (1580)  che,  inserito  in una  ricca  galleria  di ritratti, ci rivela come Tintoretto, a dispetto di quanto la critica riteneva un tempo, fosse anche abile interprete della psicologia umana.
E poi importanti opere dall’America: da Chicago a New York, da Philadelphia a Washington.
Emblematici e rivelatori sono i due autoritratti con cui si apre e si chiude il percorso espositivo, eseguiti uno  all’inizio  e  uno  alla  fine  della  carriera di  Jacopo  e  prestati  rispettivamente  dal Philadelphia Museum of Art e dal Musée du Louvre.
In  particolare  nel  dipinto  giovanile  eseguito  intorno  al  1546/47,  definito  dai  curatori  il  primo autoritratto “autonomo” dell’arte europea, cogliamo già la
forza della personalità, l’ambizione e l’energia del dipingere che connoteranno tutto il percorso di Tintoretto, ma anche la novità assoluta  della  sua  arte  inquieta  e  talvolta  misteriosa, con  pennellate  sferzanti,  rotte  da lumeggiature materiche e con quel senso ricercato di non-finito.
Tra  i  capolavori  a  soggetto  sacro, spicca  la  qualità,  rivelata  dai  recenti  restauri,  delle  pale d’altare di San Marziale e dell’Ateneo Veneto che oggi appaiono tra le opere più interessanti del Maestro; così come le grandi tele degli ultimi anni, in cui risulta la mano del figlio Domenico o della bottega, ma che conservano intatta, nell’ideazione compositiva, tutta la visionarietà del grande Tintoretto.
Eccola dunque la pittura di Jacopo Robusti, con “quell’audace pennellata – per usare le parole dei curatori - che imprime enfasi e forza ai contorni, mentre sfrutta la superficie della tela e le infonde tensione”; con una velocità di esecuzione resa possibile dalle tecniche introdotte e  dalla  gestione  attenta  dell’attività  di  bottega  e  con  quelle muscolose  figure  in  vivace movimento che  costituiscono  il  cardine  delle  sue  composizioni, libere  di  fluire  sfruttando in  modo  imprevedibile  la  luce  e  le  varietà  degli  spazi  architettonici ,  a  creare  “indelebili immagini di un mondo riconoscibilmente basato sul nostro, eppure del tutto trasformato, come in un sogno o in una visione”.
Mi sembrò di essermi spinto all’estremo limite della pittura - scrisse Henry James dopo aver visto i dipinti di Tintoretto a San Cassiano - che al di là di questo iniziasse un’arte nuova, una poesia  ispirata  e  che  Bellini,  Veronese,  Giorgione  e  Tiziano,  tenendosi  l’un  l’altro  per  mano  e tendendo ogni fibra del loro genio, non fossero riusciti a raggiungere quel limite, ma avessero lasciato uno spazio visibile in cui il solo Tintoretto signoreggiava. [...] Nessun pittore ebbe mai una  tale  larghezza  di  vedute  e  una  tale  profondità;  anche  Tiziano,  al  suo  confronto,  appare poco più che un sommo artista decorativo. [...] Tiziano fu sicuramente un poeta vigoroso, ma Tintoretto, bene, Tintoretto fu quasi un profeta”.
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